Sappiamo da tempo che non tutte le regole che ci interessano come settore bancario vengono decise a Roma. Anzi, a breve bisognerà giocoforza prendere definitivamente atto che Roma conterà sempre meno, visto che a partire dal primo novembre la Vigilanza sulle principali banche italiane passerà dalle mani di Palazzo Koch a quelle dell’Eurotower. Abbiamo già parlato nei mesi scorsi degli stress test in corso sulle principali banche del continente, i cui risultati sono ormai quasi in dirittura d’arrivo. Vi riporto al riguardo un articolo di Massimo Restelli su Il Giornale: “Mario Draghi sta per dare avvio al check up patrimoniale che determinerà prede e predatori del prossimo decennio tra le prime 128 banche europee: a conti fatti la pattuglia dei big italiani potrebbe scendere da 15 a 14, per l’esclusione del Credito Valtellinese. I risultati saranno resi noti nell’ultimo week end di ottobre. Ma buona parte dei giochi si stanno facendo in questi giorni perché è in pieno svolgimento lo scambio di deduzioni e controdeduzioni con la Bce sui bilanci riscritti da ogni singola banca dopo aver ripesato, sotto gli occhi di Bankitalia, uno alla volta i prestiti e i rischi sulla bilancia dell’«asset quality review». Più le banche sapranno dimostrare di essere di qualità e sgravate dalle sofferenze, minore sarà l’impatto di questa ondata di stress test, molto più rigidi di quelli effettuati nel 2011. Una sorta di imbuto matematico in cui l’Eba (European Banking Authority, l’Autorità bancaria indipendente europea) guidata dall’italiano Andrea Enria, verserà i bilanci ricalcolati applicandovi due scenari recessivi di scuola: il primo meno pessimistico, il secondo plumbeo, considerando variabili come il Pil, la Borsa e il mercato immobiliare. Secondo quanto pubblicato dalla stessa Eba mercoledì scorso il modello degli stress test considererà: la composizione del capitale, gli asset ponderati per il rischio, il conto economico, i rischi di credito, le cartolarizzazioni e il pacchetto dei Bot e Btp di cui sono piene le casse delle nostre banche. Una mezza invenzione, il cui risultato fisserà però quanto denaro aggiuntivo reale dovranno trovare le banche europee e italiane: la solidità patrimoniale minima richiesta è pari all’8% nel primo scenario e al 5,5% nel secondo, sempre in termini di Cet1 (il nuovo parametro di riferimento). Chi non sarà promosso, avrà a disposizione due settimane per annunciare quali rimedi adotterà e 6-9 mesi per passare ai fatti. Sostanzialmente sono due le strade possibili: chiedere risorse fresche al mercato con un aumento di capitale o cedere delle attività. Vale la pena qui ricordare che da inizio anno, l’industria bancaria italiana nel suo complesso ha già raccolto 11 miliardi di mezzi freschi e accantonato altri 33 miliardi per smaltire le macerie delle sofferenze lasciate da questi sette anni di crisi. Dal 4 novembre prossimo entrerà, quindi, in funzione la Vigilanza Unica: a Francoforte sono già pronti i team internazionali, con un capo e il vice, che riceveranno dalle singole banche centrali la supervisione sulle big bank. Le sorelle minori restano invece sotto la giurisdizione di Bankitalia, ma anche a loro si applicheranno regole livellate a livello comunitario. A quel punto almeno l’Europa delle banche sarà fatta. Vale però la pena chiedersi il motivo di tanta solerzia da parte di una Europa incapace invece di centrare un percorso politico comune: l’obiettivo di Bruxelles, pur nascosto sotto la tecnica dei numeri, è dotarsi di un nuovo sistema bancario, riaccendendo a un tempo sia i prestiti a famiglie e imprese (a cui concorreranno anche i nuovi prestiti dell’Eurotower) sia il consolidamento dell’industria del credito, da tempo ingessata. Una delle conseguenze dei risultati dei test, infatti, sarà quella di determinare le prede, cioè le banche destinate a essere assorbite da altre. Un verdetto pesante, per soci grandi e piccoli, che verrà dunque predeterminato non su esigenze reali, ma sulla base di previsioni effettuate su scenari ipotetici costruiti con parametri discrezionali. Per gli uomini di Francoforte un potere enorme in più”. Che dire? Che, comunque lo si voglia leggere, si tratta di un passaggio epocale, dal quale, inevitabilmente, le banche europee usciranno diverse. Basta ricordare al riguardo le parole pronunciate da Mario Draghi lo scorso gennaio: “«Le banche deboli devono uscire dal mercato – ha detto alla Neue Zürcher Zeitung – non fanno prestiti e creano tensioni».
LE BANCHE DEBOLI DEVONO USCIRE DAL MERCATO di Umberto Baldo
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