VACCINI di Stefano Montanari

Se lo si sa fare, una delle tecniche per ottenere successo è spararle grosse. Ma talmente grosse da far pensare che nes-suno direbbe enormità del genere se non esistesse un fon-damento. E quel fondamento è talmente profondo – dove l’aggettivo profondo significa sia arcano sia culturalmente ineccepibile, ma talmente complesso da essere appannaggio solo di pochi – che lo si prende per scontato come atto di fede.

I vaccini costituiscono una fetta importante nel business delle aziende farmaceutiche, il che significa muovere quan-tità di denaro impensabili per l’Uomo Qualunque, e questo giustifica il ricorso alla tecnica di cui sopra. Così, vaccini santi per molti, diavoli per pochi. Informazione in proposi-to? Poca. Anzi, pochissima.

Ma, al di là di discussioni di parte, che cosa sappiamo dei vaccini?

Sappiamo che, come tutti i farmaci, i vaccini non arrivano a bersaglio nella totalità dei casi. Anzi, a volte il conteggio dei bersagli centrati è più legato ai criteri di giudizio adotta-ti che non ad una fredda oggettività. E che una vaccinazione sia meno efficace nel proteggere dalla malattia di quanto non sia l’aver contratto naturalmente la malattia stessa di-venendone poi davvero immuni è provato dalla necessità di sottoporsi ai cosiddetti richiami e da chi si ammala a dispet-to della vaccinazione eseguita.

Sappiamo pure che l’immunità parziale verso alcune malat-tie come, ad esempio, il morbillo, che veniva trasmessa da madre a figlio non esiste più se la madre non ha contratto naturalmente a sua volta la patologia ma per la patologia è stata vaccinata.

Ancora – ed è scritto nei vecchi testi d’immunologia – sap-piamo che un vaccino non può essere efficace se lo si som-ministra ad un neonato, questo semplicemente perché il suo sistema immunitario è ancora immaturo e, perciò, è incapa-ce di fare ciò che gli si chiede. Se poi, in aggiunta, di vacci-ni gli se ne iniettano sei in un colpo solo come , pur ille-galmente, si fa in Italia, qualche perplessità ulteriore non può che sorgere. La stessa perplessità vale anche per le vac-cinazioni praticate ai militari: una caterva a raffiche e, per di più – ma come, peraltro, è prassi comune – senza che nes-suno si accerti della capacità di quell’organismo particolare di tollerare quella particolare sorta di bombardamento. Il paziente è già immune ad una o ad alcune di quelle malat-tie? Al momento delle vaccinazioni è nelle condizioni di re-agire senza danni? Ha problemi di allergia nei riguardi di uno o più componenti di quei farmaci? È informato, come prevede la legge, di ciò che sta subendo? Pare che nessuno si ponga nemmeno le domande, e di domande ce ne sarebbe pure una certa lista ulteriore.

Proseguendo, sappiamo che quasi non passa giorno senza che un vaccino nuovo sia messo in commercio. Ormai re-stano da coprire solo patologie come l’erre moscia e l’alitosi, perché le industrie si sono scatenate ad inventare immunizzazioni contro qualunque affezione, grave o lieve che sia, vera o frutto di fantasia. Lungi da me l’intenzione di criticare la pena che si prende Big Pharma per non farci ammalare più, ma la buona pratica farmacologica impone tempi di sperimentazione, popolazioni cavia e popolazioni di confronto che poco o nulla hanno a che fare con quanto è l’uso corrente. Per rendersi conto se un vaccino possiede davvero qualche efficacia occorre lavorare per molti anni, spesso decenni, su un numero molto elevato di persone, e questo oggi non si fa perché l’esigenza aziendale è quella di far rendere in fretta il prodotto. Purtroppo, però, i tempi biologici non tengono conto delle esigenze di business e, dunque, quasi nessuno tra i vaccini recenti può pretendere una qualunque credibilità. E ho scritto “quasi” per buoni-smo.

È opinione corrente e radicata che la pratica vaccinale abbia debellato o, quanto meno, ridotto di parecchio l’incidenza di molte malattie. In realtà, andando a consultare le statisti-che nel tempo di morbosità e di mortalità, cioè il rapporto tra i soggetti ammalati o, rispettivamente, morti di una de-terminata malattia e quelli sani in una popolazione, si vede che la diminuzione della frequenza con cui ci si ammalava o si moriva era in calo ben prima che venisse introdotto il vaccino specifico e l’introduzione non dimostra alcuna par-ticolare incidenza. In alcuni casi l’introduzione del vaccino coincide addirittura con un rallentamento nel calo della fre-quenza della morbosità e della mortalità. Di fatto l’andamento di quelle patologie pare dipendere dalle condi-zioni igieniche (in ogni senso) e non da altro.

Come è per tutti i medicinali, anche i vaccini devono as-sumere una forma farmaceutica. Devono, cioè, essere nelle condizioni di agire con efficacia ma anche di avere una vita di scaffale sufficientemente lunga. Insomma, devono scade-re il più tardi possibile per ovvi motivi pratici ed economici. Così al principio attivo si aggiunge un po’ di tutto, dai co-siddetti adiuvanti, vale a dire sostanze che “vivacizzano” la risposta immunitaria, a sostanze che rendono relativamente stabile e duraturo il prodotto. Oltre a queste, il vaccino con-tiene non pochi residui della lavorazione, residui che pos-sono essere spezzoni di DNA, frazioni di sangue, cellule, proteine e quant’altro. Degli effetti di ciò che viene aggiun-to o di quanto resta nel farmaco sappiamo ben poco. Anzi, a dire il vero, non sappiamo quasi nulla. S’incrociano le dita e si spera di non fare guai vistosi. A questo proposito vorrei ricordare a tutti e, soprattutto, mi permetto di farlo ai po-chissimi medici che, eventualmente, mi leggono, che tutti i farmaci, nessuno escluso, hanno effetti collaterali noti. Per essere ancora più chiaro, tutti i farmaci sono, in grado diffe-rente, notoriamente tossici e, per questo, la loro sommini-strazione deve essere effettuata solo quando la necessità sia reale. Troppo spesso sia i medici sia i pazienti dimenticano che ogni essere vivente possiede una proprietà chiamata omeostasi grazie alla quale questo tende a riportarsi natu-ralmente in stato di benessere, con ciò dando tanti punti a moltissimi medicinali. Si tenga sempre presente il fatto, poi, che l’Uomo, il più complesso tra tutti gli esseri viventi, ha un grado di complessità talmente elevato da essere il meno pronosticabile tra tutti gli animali quanto a reazioni nei con-fronti di ciò che gli s’introduce nell’organismo. Da qui le allergie, le sensibilizzazioni, gli effetti paradossi e tutto ciò che esce apparentemente dai binari e che ogni medico non può non avere sperimentato nella sua carriera. Se, poi, s’introducono nella chimica complicatissima e in gran parte sconosciuta dell’organismo contemporaneamente più so-stanze, ecco che gli effetti delle interazioni diventano un vero terno al lotto. Insomma, un po’ di prudenza e il sosti-tuire con scienza e buon senso un più o meno cosciente “io speriamo che me la cavo” ai protocolli “universali” che tra-scurano le evidenti differenze tra soggetto e soggetto non guasterebbe.

Consultando la letteratura “scientifica” (e le virgolette sono tristemente d’obbligo) che corre intorno ai vaccini, si deve per forza notare come nella quasi totalità dei casi le “ricer-che” (virgolette) siano pagate in modo più o meno aperto dai produttori. Di fatto un conflitto d’interessi che invalida alla radice tutto quanto quella letteratura sostiene o, per lo meno, ne pone in forte dubbio la sostenibilità. Per di più ri-sulta curioso che non esistano rapporti credibili non solo sull’efficacia nel tempo (quel tempo che non viene conces-so) ma anche sugli effetti collaterali che i vaccini, alla stre-gua di qualunque farmaco, non possono non avere. Alla ba-se del problema sta il fatto che gli enti di ricerca indipen-denti sono ormai al lumicino, e chi vuole sopravvivere si prostituisce generando pubblicazioni su dati falsi e abbon-dantemente censurati. Questo dato di fatto accomuna i vac-cini a un’infinità di altri argomenti non solo d’interesse sa-nitario e il risultato è che oggi, quando la scienza dovrebbe aver raggiunto altezze mai toccate prima, siamo riprecipitati in una sorta di Medio Evo che si regge sulla credulità popo-lare. Malauguratamente, la soverchiante maggioranza degli operatori sanitari è immersa pienamente in questa situazio-ne di acriticità e d’ignoranza, e di questo pagheremo sem-pre di più lo scotto.

A questo punto non posso non ricordare come nel laborato-rio che dirigo (inserito dalla CE tra le cento proposte di punta dell’intera Comunità) siano stati analizzati 24 vaccini con la tecnica che abbiamo messo a punto negli anni e che è validata da due progetti di ricerca europei. Di quei 24 vac-cini, tutti diversi tra loro, 24 sono risultati inquinati da mi-cro- e nanoparticelle solide, inorganiche, non biodegradabi-li e non biocompatibili: il 100%. Ebbene, questo dato che rappresenta potenzialmente un’arma formidabile per tutti i gruppi che, in qualche modo, si oppongono alla pratica vac-cinale o tout court o per le modalità, quasi sempre addirittu-ra fuori legge, con cui la pratica viene svolta, è del tutto tra-scurato. Spero mi si perdoni se avanzo, allora, qualche dub-bio a proposito della volontà effettiva di quei gruppi di far valere le proprie ragioni. Non è a chiacchiere, a bisticci, ad insulti, a ridicolizzazioni che si può chiarire una situazione oggettivamente traboccante di elementi che non possono non destare sospetto e preoccupazione. Se si vuole in qual-che modo fermare o almeno regolamentare scientificamente il business dei vaccini razionalizzandolo, bisogna usare ar-gomenti inoppugnabili. Altrimenti, da popol bue come sia-mo, temo a ragione, trattati, si resterà sempre un boccone prelibato per chi dispone di un argomento convincente co-me il fiume di denaro che sgorga da Big Pharma e che, rag-giungendo tutte le mete” giuste”, alimenta una cultura me-dica, salvo eccezioni, priva di scientificità, una credulità popolare e un’accoglienza politica indispensabili perché i bilanci societari continuino a dare soddisfazione.

Sia chiaro: io chiedo solo di vederci chiaro e, a tutt’oggi, di chiarezza non ce n’è affatto. Basta vedere il comportamento dell’Istituto superiore di sanità, l’ente pubblico di cui siamo costretti a fidarci se non altro perché lo paghiamo, per ren-dersi conto della situazione in cui siamo.
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Commenti

#2 “vaccino naturale” — maria heibel 2013-08-14 13:58
“…sappiamo che un vaccino non può essere efficace se lo si somministra ad un neonato, questo semplicemente perché il suo sistema immunitario è ancora immaturo e, perciò, è in-capace di fare ciò che gli si chiede…..”

Pare invece che l’attacco all’organismo in questa fase di svi-luppo abbia conseguenze per lo sviluppo di un sistema im-munitaria sano.
Mentre tutte le forze del bambino dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo e la crescita ( molto potente in questa prima fase) , intervengono come dei tornado (i vaccini innumere-voli nei primi mesi di vita) ordini di occuparsi di altro. Il “vaccino naturale” è offerto dal latte materno, la madre tra-sferisce tutti gli anticorpi necessari al bambino con un suo sistema immunitario ancora carente. La natura ha creato un cerchio perfetto, l’uomo lo spezza.

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