La Procura di Treviso, nella persona del sostituto procuratore Massimo De Bortoli, sta indagando sui dipendenti di “Veneto Banca”. Secondo le tesi dell’accusa, essi sapevano, hanno fatto buon viso a cattivo gioco ed hanno venduto titoli non adeguati alla reale propensione al rischio dei clienti, rendendosi complici di chi aveva deciso quella strategia.
Molto semplicemente, i consulenti avrebbero alterati i profili di rischio dei clienti stessi – che così risultavano tutti esperti e ben informati – affinché potessero sottoscrivere quei titoli che, con il repentino crollo del loro valore, hanno polverizzato il capitale di decine di migliaia di persone.
Di fronte a queste “azioni” – in questo caso il significato è duplice – sorge spontanea un’osservazione, già fatta da noi tempo addietro: attenzione a ciò che viene proposto, poiché spesso, inconsapevolmente, si è portati ad assumere il ruolo di “investitori” quando, in realtà, si desidera essere semplicemente “risparmiatori”. Questi ultimi, infatti, sono tutelati dal fondo interbancario di tutela dei depositi; gli investitori, invece, accettano, in quanto tali, il rischio di perdere parte del capitale, senza avere diritto ad alcun rimborso.