E’ di questi giorni, ma per l’ennesima volta, una polemica sui compiti a casa.
La C.M. del 20 febbraio 1964 n. 6 dice: “Alla formazione culturale dell’alunno concorrono sia l’azione didattica, attuata nella più viva collaborazione tra docenti e discenti, sia il ripensamento individuale realizzato con lavoro personale dell’alunno a casa”.
Altre C.M. del 1965 e 1969 raccomandano di non sovraccaricare gli alunni, a casa, di impegni di studio e soprattutto di considerare il fatto che questi potrebbero avere manifestazioni collaterali non proprio della scuola, quali attività sportive, ricreative e artistiche utili per la loro crescita a cui dedicare tempo.
Di recente (2006-2008) il ministro Giuseppe Fioroni in una intervista dichiarava che “i compiti dovrebbero essere svolti PREVALENTEMENTE in classe, in modo che a casa i ragazzi possano interessarsi ad altro: sport, gioco, varia socialità, natura…”. Proponeva poi l’istituzione di una commissione di esperti per dare indicazioni didattiche al riguardo.
Siamo ancora in attesa di quei risultati pedagogici e didattici e intanto montano le polemiche e le “rivolte” dei genitori.
Più di recente il ministro Stefania Giannini ha promesso che con la riforma della Buona Scuola i compiti a casa diminuiranno.
Un mio pensiero?
Gli insegnanti dovrebbero insegnare ai discenti un valido metodo di studio per portarli ad amare la cultura libera-mente e le famiglie dovrebbero avere rapporti collaborativi con gli insegnanti per la crescita dei ragazzi.
“Non multa sed multum” (Quintiliano, Instit.,X,I,59).
(M.M.)