Pubblicata Venerdi dal Corriere della Sera. Questo il testo: “Abbiamo preso onde spaventose », dice Alessandro Pro-fumo parlando dei suoi due anni sulla tol-da del Montepaschi. Ora la banca è in un porto sicuro, protetta da 5 miliardi di capi-tali freschi che sono serviti a rimborsare 3,5 miliardi di Monti bond — compresi in-teressi e sovrapprezzo — e che ora so-sterranno la banca negli imminenti stress test della Bce. «Ci godiamo questo suc-cesso, che è tale anche per i contribuenti italiani», dice il presidente dell’istituto se-nese. «Il Tesoro ha guadagnato il 15,9% in un anno, ma non dimentichiamo che si è assunto anche un rischio di equity. Senza il supporto pubblico Mps non esi-sterebbe più. Abbiamo dimostrato che il sistema bancario italiano è stato attrattivo per un aumento di capitale oggettivamen-te monstre, l’amministratore delegato Fa-brizio Viola e la sua squadra hanno fatto un ottimo lavoro. E la rete ha tenuto botta nei momenti più duri: io ho fatto dieci anni di sportello e so che cosa significa trovar-si di fronte la gente arrabbiata che ti dice “siete la banda del 5 per cento”. Ma se l’Italia non fosse entrata in una fase di percezione positiva sui mercati non sa-remmo riusciti a farlo».
Tutti hanno tirato un sospiro di sollie-vo: voi, la Fondazione, la Banca d’Italia, il Tesoro. Ora che cosa resta da fare? «L’obiettivo è avere clienti che ci portano ricavi e così contenti del servi-zio da diventare il nostro miglior testimo-nial. Abbiamo molto da fare ancora. In-tanto abbiamo fatto trasparenza sui conti. Gli analisti sono positivi. Mps deve avere altri 540 anni davanti e possiamo farlo so-lo rendendo contenti i nostri 5 milioni di clienti, che sono famiglie e piccole e me-die imprese. È anche per questo che ab-biamo una media di sofferenze più alta, perché questa è una crisi dei piccoli e dei medi».
Dove sono le maggiori differenze in Mps rispetto a due anni fa? «Abbiamo avuto, anche tra polemiche, riduzione dei costi, esternalizzazioni, riduzione delle aree di attività, cancellazione del limite del 4% al possesso azionario. Forse il cambiamento più rilevante è una gestione delle risorse umane molto più professio-nale. Più dell’80% delle prime linee è nuovo, il consiglio funziona bene. Abbia-mo ridotto i costi di 600 milioni in due an-ni, cominciato a rimborsare i prestiti Ltro della Bce e la banca ha una liquidità sod-disfacente. Molto importanti sono state le esternalizzazioni: ora Fruendo (la newco tra Bassilichi e Accenture che ha preso il backoffice del Monte,ndr) sta comincian-do a crescere e avrà a breve nuovi clienti, diventando una realtà specializzata nei servizi amministrativi non solo per ban-che ma per multiutilities e assicurazioni. Non è vero quindi che stavamo facendo licenziamenti mascherati».
Di fatto avete venduto tutte le fabbri-che- prodotto per diventare un distri-butore di servizi altrui. «Abbiamo fatto una scelta molto forte. Pensiamo che il nostro valore sia nella relazione con i clienti, cui vogliamo dare il miglior prodot-to possibile, che non sempre è quello che produci tu. Noi distribuiamo Anima per il risparmio gestito e Compass (gruppo Mediobanca, ndr) nel credito al consumo, nell’assicurazione abbiamo la partnership con Axa che funziona, nel private banking la piattaforma è totalmente aperta».
Qual è ora il quadro dell’azionariato? «Avremo maggiori informazioni sui nuovi soci la settimana prossima. Oggi siamo un’azienda totalmente privata, e abbiamo soci cui dobbiamo dare soddisfazione. E non è facile, perché per erogare credito ci vuole tanto capitale. Se prima della crisi servivano 2,5 euro ogni 100 euro di im-pieghi ponderati per il rischio, oggi ne servono 8-9. E quel capitale costa più del 10%, che dobbiamo remunerare».
Come cambia la governance con il pat-to tra Fondazione Mps e i fondi esteri Fintech Advisory e Btg Pactual? «Nel periodo estivo entreranno due rappresen-tanti dei nuovi azionisti e dovranno uscire due attuali consiglieri. Ad aprile 2015 si formerà il nuovo consiglio e lo statuto prevede che alla prima lista vada il 50% dei posti (6 su 12), una regola di fatto non modificabile perché serve il 65% del capi-tale. Comunque il consiglio va bene così: è efficiente con 12 consiglieri, numero i-deale per far funzionare bene i comitati interni. Abbiamo lavorato tantissimo, in media 1,5 riunioni al mese con 6 ore l’una di durata».
Il patto prevede l’indicazione del pre-sidente e dell’amministratore delegato. Lei resterà? «Mancano ancora nove mesi alle liste di marzo. E in nove mesi si fa un bambino ».
Ma le piacerebbe restare? «Da qui a marzo ci penserò. E ci penseranno anche altri».
Qual è stato il momento più complica-to per l’aumento di capitale? «Quando il commissario Ue Joaquin Almunia a Cernobbio a settembre ha annunciato a sorpresa che dovevamo rimborsare 2,5 miliardi di Monti bond entro il 2014. E poi quando siamo passati da 3 a 5 miliardi, due volte la capitalizzazione. In Italia non si erano mai viste operazioni assimilabili. Viola e il cfo Bernardo Mingrone sono stati bravi a riuscire a costituire il consor-zio di garanzia, che non era scontato. Poi c’è stato lo stop della Fondazione. Ma ormai è passata ».
Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha parlato di future fusioni e aggrega-zioni tra banche. Ci sarà anche il Mon-tepaschi tra queste? «Il fatto che ci sia un regolatore unico europeo porterà ad aggregazioni internazionali. Oggi Mps può vivere in modo assolutamente indi-pendente, che era il compito che dove-vamo assolvere. Il futuro lo decideranno il prossimo consiglio e i soci».
La Bce sta per prestare di nuovo dena-ro a costo quasi zero alle banche per-ché finanzino imprese e famiglie. Li prenderete? «Non voglio entrare nella operatività della banca. Come Mps ab-biamo cominciato ad allargare i cordoni e siamo cresciuti come impieghi, ma siamo anche molto selettivi. L’intervento della Bce è estremamente importante perché dà liquidità e fa ripartire le cartolarizza-zioni, che sono fondamentali. Resto co-munque convinto che il sistema bancario vada disintermediato. Un rapporto impie-ghi/depositi al 110- 120% è poco sosteni-bile. Dobbiamo spingere per avere un maggiore mercato del debito e le banche devono accompagnare le imprese, anche le medie, su quei mercati».
In pratica l’intervista tocca un po’ tutti i temi ancora sul tappeto. In particolare re-sta all’attenzione la futura governance della Banca, con la regola che la prima li-sta si aggiudica il 50% dei posti in Cda. Come vi segnalo da tempo, è su questa regola che la Fondazione, attraverso il patto di sindacato messo in piedi con due Fondi, ha scommesso sul suo ruolo futu-ro in Banca Mps. Basterà quel 9% di ca-pitale per designare 6 consiglieri, oltre a Presidente e Ad? O ci saranno altre liste in grado di contrastare questo disegno?
Lo sapremo solo a marzo dell’anno pros-simo. Nove mesi, come giustamente sot-tolinea Profumo, sono tanti anche in una Banca che viene da molto lontano.
Una cosa è certa, però. L’attuale assetto di Mps, di fatto ora una public company, rende senza dubbio molto più agevoli e-ventuali manovre sul capitale, e non a caso tutti gli analisti inseriscono il Monte dei Paschi fra le banche che potrebbero essere oggetto di future aggregazioni.
PROFUMO: ORA LA BANCA È IN UN PORTO SICURO…” di Umberto Baldo
Lascia una risposta