Alla fine la vecchia distinzione tra droghe cosiddette «leggere» e «pesanti» è tornata, dopo che le norme introdotte nel 2006, cioè la cosiddetta legge Fini-Giovanardi, avevano messo in un unico gruppo eroina, cocaina, amfetamine e cannabis.
La conferma giunge dalla Gazzetta Ufficiale, dove questa sera è stato pubblicato il decreto approvato la scorsa settimana dal Governo dopo la «bocciatura» della Fini-Giovanardi da parte della Corte costituzionale. La cannabis resta dunque sempre una sostanza illegale, ma le sanzioni per detenzione e spaccio, che la legge del 2006 aveva equiparato a quelle delle sostanze «pesanti», si dovrebbero alleggerire, tornando all’assetto definito dalla normativa in vigore prima del 2006, cioè la legge Iervolino-Vassalli, con pene comprese tra i 2 e i 6 anni di carcere per le droghe ‘leggerè e tra 8 a 20 anni per le “pesanti”.
Il decreto, aveva spiegato la scorsa settimana il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, si era reso necessario perchè dopo che la Consulta aveva dichiarato incostituzionale la Fini-Giovanardi – normativa inserita in un decreto per le Olimpiadi invernali – erano venuti meno tutti gli aggiornamenti introdotti dal 2006 ad oggi, cioè la tabellazione delle cosiddette «nuove droghe» che man mano venivano identificate.
Nella tabella I, insieme a oppio e derivati (eroina), cocaina, amfetamine e allucinogeni compaiono anche infatti i tetraidrocannabinoli, che secondo quanto ha spiegato all’ANSA il capo del Dipartimento antidroga, Giovanni Serpelloni, sono i cannabinoidi sintetici, cioè proprio le «nuove droghe». Il decreto in Gazzetta Ufficiale si occupa infine di impiego dei medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale: restano confermate le norme annunciate dal ministro della salute per evitare nuovi casi come quello che ha visto protagoniste le aziende farmaceutiche Novartis e Roche. In caso di presenza di due farmaci che possono avere lo stesso uso, ma che hanno indicazioni per malattie diverse, l’Agenzia del farmaco può richiedere di verificare, attraverso una sperimentazione, la possibilità di utilizzare, in sicurezza per i pazienti, l’altro farmaco.